Le patologie mitocondriali sono causate da un difetto nei mitocondri che non riescono a fornire energia alle cellule, tra queste c’è la sindrome di Pearson, che interessa meno di un centinaio di bambini nel mondo e per cui non esistono terapie mirate ed efficaci. Il numero esiguo di pazienti, le conoscenze ancora limitate e il basso ritorno economico rendono lo sviluppo di farmaci una sfida quasi impossibile scoraggiando le aziende farmaceutiche a investire in questa patologia. Ma non la biotech israeliana Minovia che lo scorso giugno ha annunciato di aver ottenuto dalla Food and Drug Administration (FDA) la Fast Track Designation e la Rare Pediatric Disease Designation per MNV-201, una terapia cellulare innovativa che potrebbe offrire ai pazienti una speranza di cura.
Uno degli archetipi della letteratura passata (e presente) è quello dei naufraghi approdati su un’isola deserta, dove devono organizzare una comunità e provvedere al proprio sostentamento: nel nuovo ambiente devono ricreare il microcosmo di relazioni e rapporti che, in una società allargata, consentono la convivenza civile e la sopravvivenza. Un simile modello si applica alle terapie avanzate in cui la nascita di un ecosistema allargato, composto da esperti della ricerca, del settore d’azienda e di produzione, delle autorità regolatorie e del mondo dei pazienti serve a traghettare sul mercato trattamenti altamente innovativi e di estremo valore. Tra quanti più credono in questo approccio “pluridisciplinare” c’è Roberto Ciboldi, Senior Workflow Development Leader presso il settore Viral Vector, Genomic Medicine di Cytiva.
La ricerca italiana nel campo delle terapie geniche continua ad avanzare con importanti traguardi, l’ultimo esempio è di alcuni giorni fa e riguarda Genenta Science - azienda di biotecnologie spin-off dell’Ospedale San Raffaele di Milano - che ha annunciato l’arruolamento di 38 pazienti in uno studio clinico con una terapia sperimentale basata sull’ingegnerizzazione di cellule staminali ematopoietiche ideata per combattere il glioblastoma multiforme di nuova diagnosi. Un tumore maligno molto aggressivo che colpisce il cervello per cui, attualmente, la principale speranza è costituita dall’intervento chirurgico combinato con protocolli di chemio e radioterapia e che manca di cure efficaci e risolutive.
“Buongiorno sono il signor Wolf. Risolvo problemi”. Con questa celeberrima frase il personaggio interpretato da Harvey Keitel fece il suo ingresso in Pulp Fiction di Quentin Tarantino e da allora divenne la perfetta rappresentazione dell’uomo pratico, attento a sovrintendere ogni fase di un’operazione, una sorta di project manager. Nel settore delle terapie avanzate i Mr. Wolf sono essenziali ma, contrariamente a quanto visto nel film, non sono entità singole bensì realtà aziendali, degli “incubatori” pronti ad anticipare i problemi prima ancora di risolverli. Infatti, affinché una terapia avanzata veda la luce servono competenza, lungimiranza e disponibilità al confronto, come spiega Michela Gabaldo, Vice President, ATMP Global Regulator Affairs di Evotec, l’azienda che sta supportando l’iter di sviluppo e produzione di una nuova terapia genica a base cellulare (ex vivo) per il cancro al pancreas.
Partendo dai più recenti vaccini a mRNA, sviluppati per combattere la pandemia di COVID-19, lo studio di queste molecole a scopo preventivo e terapeutico ha guadagnato sempre più spazio nella ricerca biomedica. Tuttavia, per poter ampliare sempre di più le loro applicazioni, è necessario che queste molecole possano essere trasportate in modo sicuro direttamente agli organi bersaglio. E, proprio con questo obiettivo, la startup Evis Bioscience, nata dal Politecnico federale svizzero - l’Eidgenössische Technische Hochschule (ETH) di Zurigo - ha sviluppato un sistema innovativo per veicolare l’mRNA (e non solo) a specifici tessuti del corpo, aprendo la strada a molti altri impieghi, tra cui il trattamento di malattie genetiche rare. Abbiamo intervistato la Prof.ssa Elita Montanari, Co-founder & CTO di Evis Bioscience.
Le cellule staminali pluripotenti offrono molte possibilità per la medicina rigenerativa, perché possono differenziarsi in cellule mature capaci di sostituire quelle danneggiate da una malattia. Diversi studi hanno dimostrato che da queste cellule si possono ottenere cellule beta e alfa pancreatiche, produttrici di insulina e glucagone, ripristinando l’equilibrio glicemico in modelli animali di diabete. Su queste basi è stata sviluppata VX-880, una terapia sperimentale in fase di valutazione clinica a base di cellule beta pancreatiche derivate da cellule staminali. I dati del trial clinico FORWARD-101 sono stati presentati al congresso annuale dell’American Diabetes Association (ADA), svoltosi a fine giugno a Chicago, e pubblicati sul New England Journal of Medicine.
a cura di Anna Meldolesi
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