Emma Dimery aveva 23 anni quando le hanno diagnosticato un cancro al colon al quarto stadio. Nel successivo decennio ha provato di tutto, invano: chirurgia, chemioterapia, radiazioni, immunoterapia “classica”. Finché nel marzo del 2023 non ha ricevuto un’infusione di linfociti infiltranti il tumore (TIL) editati con CRISPR in corrispondenza di un gene chiave (il checkpoint CISH). Da allora è in remissione completa, del suo tumore sembra non esserci traccia. Il suo caso è stato presentato al Meeting Annuale dell’American Association for Cancer Research che si è tenuto da poco a Chicago, e contemporaneamente Emil Lou e colleghi hanno pubblicato i risultati della sperimentazione su Lancet Oncology.
L’innovazione nel settore delle terapie avanzate non si limita allo sviluppo di nuovi farmaci, ma riguarda anche il modo in cui vengono raccolte le evidenze cliniche e il ruolo attivo dei pazienti nel processo terapeutico. Tradizionalmente, le evidenze cliniche si basano su studi randomizzati controllati (RCT), considerati il “gold standard” per dimostrare l'efficacia e la sicurezza di un trattamento. Tuttavia, nel caso delle terapie avanzate, questi studi presentano limitazioni significative. Il numero ristretto di pazienti eleggibili, la complessità delle terapie e l'incertezza sull’effetto a lungo termine delle stesse rendono difficile ottenere dati sufficienti esclusivamente attraverso RCT. Proprio per questo, la Real World Evidence (RWE) sta assumendo un ruolo centrale per colmare queste lacune: ne parla un articolo pubblicato il mese scorso su Clinical Pharmacology & Therapeutics.
Lo scorso ottobre Roma ha ospitato la 31esima edizione del Congresso dell’European Society of Gene & Cell Therapy (ESGCT), un’imperdibile occasione di ritrovo per ricercatori, clinici, regolatori e diversi esperti del settore che, con continuità e zelo, da anni si occupano di terapie avanzate a 360 gradi. Ma è stata anche l’occasione per l’annuncio ufficiale - da parte del professor Luigi Naldini, Direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano – della nascita della Società Italiana di Terapia Genica e Cellulare (SITGEC) e dello svolgimento della prima assemblea alla quale ha partecipato anche Osservatorio Terapie Avanzate. Il prossimo evento organizzato da SITGEC si svolgerà il prossimo 6 giugno, sempre a Roma, e sarà focalizzato sull’accesso alle terapie avanzate, tematica sempre più urgente.
Tra le neoplasie di più difficile guarigione figura il mieloma multiplo, che presenta alti tassi di recidiva ed è spesso resistente alla chemioterapia e altri protocolli di trattamento, tanto da rientrare in quel gruppo di malattie con cui occorre imparare a “convivere” per diverso tempo. Le terapie a base di cellule CAR-T sembravano destinate a cambiare la storia naturale di questo tumore, avendo il potenziale di “sfrattare” le cellule cancerogene dall’organismo. Purtroppo, però, anche dopo la terapia con CAR-T il mieloma multiplo può ripresentarsi: e dunque cosa fare? Un team dell’Università di Xuzhou (Cina) ha puntato su una speciale versione di CAR-T destinate a pazienti trattati in precedenza - senza successo - con le CAR-T anti-BCMA: i risultati dello studio clinico sono stati pubblicati questo mese sulla rivista The Lancet Haematology, aprendo un interessante nuovo capitolo per le terapie avanzate.
Trovare una soluzione curativa - o quasi - a gravissime malattie genetiche equivale al Santo Graal per la ricerca biomedica e, tra le molte malattie oggetto di interesse di questi studi, c’è anche la sindrome di Rett. Ma trovare il modo per fornire geni sani per compensare quelli mutati, il “semplice” concetto alla base della terapia genica, non è affatto scontato. Infatti, come raccontato sul sito della Rett Syndrome Research Trust, le ricerche procedono e le speranze sono molte, ma il lavoro da fare resta tanto. Negli ultimi anni sono due le biotech che hanno portato avanti studi in questo ambito, Taysha Gene Therapies e Neurogene (ne avevamo parlato qui), e il mese scorso è stato pubblicato su Science Traslational Medicine uno studio che riguarda i risultati preclinici di NGN-401, il trattamento in sviluppo da parte di Neurogene.
Per la prima volta nella storia della medicina, un paziente affetto da una grave malattia genetica è stato trattato con una terapia CRISPR progettata su misura per la sua specifica mutazione. Il caso - documentato in uno studio pubblicato il 15 maggio su The New England Journal of Medicine e presentato al meeting annuale dell'American Society of Gene & Cell Therapy, svoltosi in questi giorni a New Orleans - ha riguardato un neonato statunitense, il piccolo KJ Muldoon, affetto da una forma severa di deficit di carbamil-fosfato sintetasi 1 (CPS1). Il trattamento è stato sviluppato e somministrato presso il Children’s Hospital of Philadelphia (CHOP), in collaborazione con l’Università della Pennsylvania. Si è trattato di una vera e propria “medicina di precisione” spinta al massimo grado: una terapia n-of-1, ideata per correggere ad hoc la mutazione genetica del piccolo paziente.
a cura di Anna Meldolesi
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