Tra le più rilevanti applicazioni delle terapie avanzate c’è la possibilità di costruire modelli precisi per malattie complesse o di cui non sono ancora chiare le modalità d’azione. Con ciò non alludiamo unicamente agli organoidi - le repliche su piastra della fisiologia di un organo in che, grazie alla tridimensionalità e al sapiente utilizzo di cellule staminali, raggiungono livelli di accuratezza superiori alle colture standard – infatti, la progettazione di modelli dettagliati di malattia passa anche dall’utilizzo dell’editing del genoma. Grazie a questo sistema di manipolazione genetica, i ricercatori guidati dal dottor Samuele Ferrari - project leader dell’Unità di Nuove Strategie di Terapia Genica dell’Istituto San Raffaele - Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) - hanno svelato nuovi interessanti particolari sulla sindrome VEXAS.
La Commissione europea (CE) ha approvato beremagene geperpavec (nome commerciale Vyjuvek), la prima terapia genica topica destinata al trattamento delle ferite, a partire dalla nascita, nei pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica (DEB) recessiva con mutazioni nel gene del collagene di tipo VII catena alfa 1 (COL7A1). Sviluppata da Krystal Biotech, questa innovativa strategia rappresenta un significativo progresso nella gestione di una malattia genetica rara e debilitante, che non ha altre opzioni di trattamento. È una terapia che agisce direttamente sulla causa molecolare della DEB ma, a differenza delle classiche terapie geniche “one shot” somministrate per infusione, prevede un’applicazione locale e richiede una somministrazione costante nel tempo.
Sulla carta una terapia genica per malattie rare quali la leucodistrofia metacromatica equivale a una promessa di guarigione che nessun altro trattamento sembra in grado di dare; ma il valore di questi approcci non si misura a parole bensì con i numeri e nei fatti. Pertanto, i risultati di uno studio clinico come quelli pubblicati pochi giorni fa dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica di Milano sul New England Journal of Medicine rappresentano una pietra miliare nella storia di questa malattia dal momento che lancia un inequivocabile messaggio sulla necessità di garantire l’accesso alla terapia genica il prima possibile per i piccoli malati. Giacché l’efficacia del trattamento è correlata alle tempistiche di somministrazione: prima si fa e meglio è.
Le malattie rare note sono ormai circa 10mila e una buona parte ha ricevuto un’etichetta con un nome specifico solo negli scorsi anni, grazie al progresso tecnologico nel campo della genetica e della biologia molecolare e alla messa a punto di accurati strumenti di valutazione delle mutazioni in certi geni. Un esempio di questa situazione è rappresentato dalla sindrome VEXAS, rara malattia ematologica infiammatoria legata all’invecchiamento, sui meccanismi patogenetici della quale un team di ricerca guidato dall’Istituto San Raffaele - Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) ha fatto luce ricorrendo a tecniche di editing del genoma all’avanguardia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati poche settimane fa sulla rivista Nature Medicine.
Chi non si è mai scatenato sulle note di We Will Rock You dei Queen? Nel 2023, un gruppo di ricerca del Politecnico Federale di Zurigo (ETH Zurich) ha "insegnato" alle cellule umane a fare lo stesso: grazie a uno speciale interruttore in grado di attivare i geni in risposta a vibrazioni sonore, i ricercatori hanno dimostrato che è possibile istruire le cellule a rilasciare insulina a ritmo di musica. Ora, lo stesso team ha sviluppato un nuovo interruttore genetico, attivabile con un semplice cerotto alla nitroglicerina. Lo studio, pubblicato su Nature Metabolism, descrive un sistema che usa questo farmaco per regolare la produzione di ormoni e altre molecole terapeutiche, aprendo la strada a trattamenti innovativi per il diabete e altre malattie.
Onasemnogene abeparvovec (Zolgensma) è una delle terapie geniche più note al mondo. Approvata negli Stati Uniti nel 2019 e l’anno successivo in Europa, in Italia è rimborsata dal 2021 ed è somministrata attraverso una singola infusione endovenosa, che ha mostrato un impatto significativo nel rallentare o arrestare la progressione della malattia nei neonati. Tuttavia, l’infusione endovenosa presenta dei limiti: la distribuzione sistemica del farmaco può essere meno efficace nei pazienti più grandi o con forme diverse di SMA, e la terapia non è indicata oltre una certa soglia di peso corporeo. Per questo motivo l’azienda Novartis sta valutando la somministrazione direttamente nel liquido cerebrospinale del farmaco, che in questo caso viene denominato OAV101 IT.
a cura di Anna Meldolesi
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