La rivoluzione delle terapie avanzate è ormai in atto e coinvolge tutti i parametri relativi al loro sviluppo: dalla ricerca di base alla ricerca clinica, passando dalla produzione fino all’ambito regolatorio. La natura innovativa di queste terapie è strettamente correlata alla loro complessità, parliamo infatti di farmaci “vivi” composti da geni, cellule e tessuti, spesso ideati su misura per il singolo paziente o per nicchie di pazienti. Il cambio di paradigma nella medicina ad opera di questi farmaci pone l’accento da una parte sulla qualità dei prodotti e dall’altra sul loro costo.
La produzione - o manifattura - delle terapie avanzate è l’anello di congiunzione tra la prova di concetto che si ha con gli studi iniziali, in vitro e in vivo, condotti in laboratorio e la sperimentazione clinica nell’uomo. È un passaggio fondamentale per garantire al paziente un prodotto sicuro e di assoluta qualità. A differenza dei farmaci “classici”, che si basano sulla sintesi chimica, le terapie avanzate non possono essere sterilizzate. La sterilizzazione di un frammento di DNA o di una cellula equivarrebbe alla distruzione del prodotto. Ed è proprio la loro natura innovativa che rende la manifattura delle terapie avanzate un settore molto complesso che richiede siti produttivi di alta qualità che lavorino seguendo alla lettera le norme di buona fabbricazione (GMP, “Good Manufacturing Practices”), dotati di strumentazione di ultima generazione e, soprattutto, tempo e soldi.
Le sfide nel campo della produzione delle terapie avanzate sono a più livelli: dallo sviluppo iniziale ai test di sicurezza ed efficacia, dalla produzione dei vettori all’aspetto regolatorio. Gli impianti di produzione, più simili a grandi laboratori hitech che a stabilimenti industriali, dovranno aumentare in numero e produttività per rispondere alle necessità attuali. Il settore è, infatti, in crescita esponenziale, molte terapie avanzate sono in fase di approvazione e oltre mille sperimentazioni cliniche sono in corso nel mondo intero.
L’obiettivo è quello di far progredire questo settore e sviluppare innovative terapie destinate a un gruppo sempre più ampio di pazienti e in grado di trattare malattie più comuni. Un trend che è ben rappresentato dall’avvento delle terapie a base di cellule CAR-T in ambito oncologico.
La sezione "Manifattura" è realizzata grazie al contributo non condizionante di AGC Biologics, BioAir a TECNIPLAST Company, Cellply e Miltenyi Biotec.
Nell’ultimo decennio il panorama delle terapie avanzate è stato arricchito dall’ingresso sul mercato di nuovi trattamenti, diventati finalmente disponibili per pazienti in attesa da lungo tempo. Ciò non ha solo trasformato la mappa delle aziende produttrici ma ha anche rivoluzionato il lavoro delle autorità regolatorie, che si sono dovute progressivamente adattare a logiche produttive del tutto differenti da quelle degli altri farmaci, in un’ottica di armonizzazione che - stando all’esito di eventi come il Cell and Gene Therapy Forum promosso dalla Food and Drug Adiminisration (FDA) alcuni giorni fa - sta dando risultati apprezzabili. La valutazione dei processi produttivi delle terapie avanzate richiede pertanto un processo osmotico tra ricercatori, produttori ed enti regolatori. Lo ribadisce con enfasi anche Claudia Gagliardini, biologa molecolare, alla guida dell’area commerciale della Terapia Genica di Cytiva.
Le terapie avanzate hanno segnato l’inizio di una nuova era della medicina. Fino a poco tempo fa l’idea di usare cellule e geni come farmaci sembrava più un concetto da romanzo di fantascienza che un’opzione concreta per trattare malattie incurabili. Eppure quel futuro è realtà: oggi sono autorizzate nel mondo oltre 30 terapie avanzate, per migliaia di pazienti affetti da malattie rare e non solo, e si prevede di superare la soglia di 60 prodotti entro il 2030. Questi trattamenti non sono più un'opzione di nicchia ma il numero di pazienti che potrebbero beneficiarne è molto più alto di quelli che riescono effettivamente ad accedervi, un grande ostacolo è la sostenibilità. Con un recente articolo Stephen Ward, Direttore Esecutivo di Cell and Gene Therapy (CGT) Catapult, spiega come sfruttare automazione e tecnologie digitali per aumentare la produzione e ridurre i costi di questi innovativi farmaci.
Lunedì 18 novembre si è tenuto il primo appuntamento del nuovo format OTA Talk: uno spazio di discussione ideato da Osservatorio Terapie Avanzate (OTA) per affrontare specifici temi nel campo delle terapie avanzate. Questo appuntamento è stato dedicato alla manifattura, con l’avvio di un dialogo tra le realtà accademiche e private coinvolte nella produzione delle terapie avanzate e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Un confronto che è frutto del lavoro che OTA ha portato avanti negli ultimi due anni con il retreAT, un progetto di policy shaping che ha coinvolto oltre 45 specialisti sulle terapie avanzate su 5 tavoli tematici, di cui uno proprio dedicato alla manifattura. Hanno partecipato all’OTA Talk Maria Luisa Nolli, membro del Board di Federchimica Assobiotech ed EuropaBio, Massimiliano Petrini, Responsabile della Cell Factory dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” di Meldola e Presidente di NOTA aps (Network Officine Terapie Avanzate), e Raffaella Sardelli, GMP Senior Inspector dell'AIFA, con la moderazione di Francesco Macchia, Coordinatore di OTA.
Quello delle terapie a base di cellule CAR-T è ormai un pianeta dalle notevoli dimensioni che orbita nella galassia delle terapie avanzate: sono sei i prodotti sbarcati sui mercati statunitense ed europeo negli ultimi 5 anni, con indicazioni in costante aumento. Le CAR-T stanno riuscendo lì dove la chemioterapia aveva fallito, ottenendo l’approvazione degli organi regolatori contro le forme recidivanti o resistenti a più linee di trattamento di leucemia linfoblastica acuta (ALL), linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) e mieloma multiplo. Man mano che nuovi risultati giungono dagli studi clinici in corso il ventaglio delle indicazioni d’uso si allarga e cresce il numero di pazienti che può accedere a queste innovative terapie. Ciò solleva un serio problema di produzione che, senza utili soluzioni e strategie efficaci, potrebbe costituire una reale limitazione all’accesso. Una review pubblicata sulla rivista Nature analizza l’attuale quadro proponendo due nuove vie di produzione e distribuzione.
Le terapie avanzate - o ATMP, secondo l’acronimo con cui ci siamo oramai abituati a conoscerle - stanno esaudendo una promessa che da tempo la medicina ha fatto al genere umano: curare le malattie alla radice. In tal senso l’innovazione tecnologica in esse racchiusa corre il rischio di passare in secondo piano rispetto allo scopo per cui esse sono state concepite. Riuscire a farsi un quadro di come nasca una terapia avanzata serve a comprenderne meglio il valore e, nel raffronto con i farmaci tradizionali, ad afferrarne le enormi potenzialità d’uso. Insieme alla prof.ssa Maria Luisa Nolli, membro del Board di Assobiotec ed EuropaBio e docente di Biotecnologie Avanzate all’Università di Pavia, abbiamo cercato di ricostruire lo schema di base di una classica officina produttiva, esplorando nel contempo le possibilità messe sul piatto dai nuovi “impianti chiusi”.
Da quando si è iniziato a parlarne l’obiettivo principale è stato quello di far capire come funzionino le terapie avanzate, quale sia la differenza tra i farmaci di sintesi e questi nuovi entusiasmanti “farmaci vivi” che promettono di rivoluzionare la storia di una serie di malattie genetiche – e non solo - da sempre prive di cura. Ma, come già illustrato in diverse occasioni, la sfida delle terapie avanzate non è solo scientifica: è anche una sfida tecnologica ed organizzativa che stravolge il modo di produrre e rendere disponibili questi nuovi trattamenti. Perciò comprendere a fondo l’evoluzione del processo manifatturiero delle terapie avanzate aiuta a inquadrarne con precisione la portata e le potenzialità.
a cura di Anna Meldolesi
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