Le terapie avanzate rappresentano l’inizio di una nuova era della biomedicina che saprà dare nuove risposte a malattie considerate finora incurabili, ma che dovrà anche far fronte a nuove sfide, non solo dal punto di vista scientifico ma anche di quello regolatorio, tra normative e procedure di accesso. Un nuovo panorama che richiede un urgente cambiamento di tutto il sistema, che sperimenta, autorizza e rimborsa le terapie avanzate.
Con il termine “terapie avanzate” non ci si riferisce soltanto a sofisticate tecniche di medicina rigenerativa basate sulle staminali, di manipolazione del genoma come CRISPR o ad approcci combinatoriali come le CAR-T. Si intendono dei modelli di gestione nuovi della malattia e dei pazienti costruiti non unicamente con l’apporto scientifico, ma anche con il contributo inestimabile delle istituzioni. Si tratta infatti di terapie molto innovative che richiedono un lungo e articolato processo di sviluppo, molto più complesso di quello dei farmaci tradizionali. Non sono paragonabili alle pillole da assumere con un bicchier d’acqua o alle terapie per endovena conosciute, bensì sono terapie di precisione e personalizzate, in certi casi prodotte a partire dalle cellule stesse del paziente. Esse richiedono percorsi di preparazione complessi, che si svolgono in siti produttivi specializzati (le cosiddette Good Manufacturing Practices - o GMP - facilities) per portare al paziente una terapia che con un’unica (one shot) o poche somministrazioni potrebbe trattare in via definitiva una patologia. Una terapia che punta alla causa e non ai sintomi. Inevitabilmente tutto ciò, impone percorsi mai scritti di valutazione dei livelli di efficacia e di sicurezza.
Una volta che le agenzie regolatorie, come l’European Medicines Agency (EMA) o la Food and Drug Administration (FDA), approvano la messa in commercio di questi speciali farmaci occorre risolvere il problema del loro impatto economico sui sistemi sanitari e, soprattutto, continuare a fissare degli standard di sicurezza post-commercializzazione per terapie a tutti gli effetti nuovissime. Per la prima volta sono a disposizione strumenti per curare la causa delle malattie e non i sintomi, e il panorama in cui questi strumenti opereranno esige un netto cambiamento per affrontare anche le criticità collegate proprio alle terapie avanzate. Occorre dunque individuare, sul piano regolatorio, quali sono i passaggi comuni alla terapia genica, cellulare e alla medicina rigenerativa e operare per ridurli e contenere i costi. Ma per farlo è sempre più necessaria la sinergia tra chi crea, chi produce, chi autorizza, chi rimborsa e, soprattutto, chi deve ricevere queste terapie avanzate.
Istituito presso l’Agenzia Italiana del Farmaco nel febbraio 2022, insieme a quello per le sperimentazioni cliniche in ambito pediatrico, il Comitato Etico Nazionale (CEN) per le sperimentazioni cliniche relative alle terapie avanzate si occupa di valutare i trial clinici che riguardano le terapie avanzate. Inoltre, valuta eventuali usi non ripetitivi che si basino sull’impiego dei medicinali innovativi ATMP, nella loro definizione standard e in quella di nuova valutazione ai comitati EMA per far fronte all’esigenza di adeguamento delle tecnologie ad oggi disponibili. In poche parole, tutto quello che riguarda terapia genica, terapia cellulare e prodotti di ingegneria tessutale deve passare attraverso il Comitato.
L’Italia si conferma un’eccellenza nel panorama europeo per l’utilizzo clinico e l’accesso alle terapie avanzate. È quello che è emerso dal Convegno “Primato italiano nel trattamento delle emoglobinopatie”, che si è tenuto ieri presso la Sala dell’istituto di Santa Maria in Acquiro del Senato della Repubblica, durante il quale è stato annunciato che exagamglogene autotemcel (exa-cel) – terapia a base di CRISPR, nota con il nome commerciale Casgevy - è già stata somministrata con successo a quattro pazienti affetti da anemia falciforme o da beta-talassemia presso tre centri clinici di eccellenza del nostro Paese: l’Azienda Ospedaliera di Perugia, il Policlinico San Matteo di Pavia e il Presidio Ospedaliero di Pescara. I trattamenti sono stati autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) con il percorso di accesso precoce e pongono l’Italia all’avanguardia in Europa.
Le malattie rare vengono così definite perché colpiscono un numero limitato di persone: una patologia è “rara” se colpisce meno di 1 individuo ogni 2.000. Tuttavia, considerate tutte insieme, interessano circa 30 milioni di europei. La sfida non riguarda quindi una piccola nicchia, ma un problema di salute pubblica di dimensioni enormi, che impone risposte coordinate e sistemiche. Un recente studio francese, pubblicato su Frontiers in Public Health da Emmanuelle Cacoub e colleghi, esplora proprio questo nodo cruciale: quanto è avanzato e quanto è ancora carente il panorama dei farmaci per le malattie rare in Europa? E le terapie avanzate come si piazzano in questo contesto?
L’innovazione nel settore delle terapie avanzate non si limita allo sviluppo di nuovi farmaci, ma riguarda anche il modo in cui vengono raccolte le evidenze cliniche e il ruolo attivo dei pazienti nel processo terapeutico. Tradizionalmente, le evidenze cliniche si basano su studi randomizzati controllati (RCT), considerati il “gold standard” per dimostrare l'efficacia e la sicurezza di un trattamento. Tuttavia, nel caso delle terapie avanzate, questi studi presentano limitazioni significative. Il numero ristretto di pazienti eleggibili, la complessità delle terapie e l'incertezza sull’effetto a lungo termine delle stesse rendono difficile ottenere dati sufficienti esclusivamente attraverso RCT. Proprio per questo, la Real World Evidence (RWE) sta assumendo un ruolo centrale per colmare queste lacune: ne parla un articolo pubblicato il mese scorso su Clinical Pharmacology & Therapeutics.
a cura di Anna Meldolesi
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