tumore, tessuto di suino, immunoterapia

Il nuovo approccio, chiamato “tumor-to-pork”, ha mostrato un tasso di successo del 90% nei primi studi clinici sull’uomo, offrendo una possibile nuova arma contro i tumori 

Quando il sistema immunitario riconosce qualcosa come estraneo, reagisce attaccandolo ed eliminandolo. È quello che succede contro gli agenti patogeni, ma anche nel rigetto degli organi trapiantati. Questo meccanismo è anche utilizzato contro i tumori, nell’immunoterapia, che stimola il sistema immunitario a riconoscere e attaccare le cellule cancerose. Ora, uno studio cinese, coordinato dal professor Zhao Yongxiang della Guangxi Medical University, propone una nuova strategia: “travestire” le cellule tumorali da tessuti suini per renderle bersagli immunitari. Il lavoro, pubblicato recentemente sulla rivista Cell, ha mostrato risultati promettenti sia nei test preclinici che in un primo studio clinico condotto su 23 pazienti, con un controllo di malattia del 90%.

Per realizzare questo innovativo approccio terapeutico, gli scienziati cinesi hanno sfruttato proprio la risposta immunitaria che causa il rigetto negli organi trapiantati. In particolare, hanno utilizzato il virus della malattia di Newcastle (NDV) - innocuo per l’uomo - modificandolo tramite l’inserimento di un gene suino (a1,3GT) noto per scatenare il rigetto iperacuto, una reazione infiammatoria grave che, nei trapianti, può portare alla perdita dell’organo. Il virus modificato, denominato NDV-GT, viene somministrato per via endovenosa e agisce infettando selettivamente le cellule tumorali. Una volta all’interno delle cellule cancerose, induce la produzione di una proteina (un antigene) tipica dei tessuti suini, rendendo il tumore un bersaglio del sistema immunitario. Molto spesso, infatti, le cellule tumorali sono in grado di eludere i meccanismi di difesa dell’organismo, “travestirle” da cellule di maiale è quindi un’astuta strategia per renderle più facilmente riconoscibili e venire successivamente attaccate. Si tratta di un approccio innovativo nell’utilizzo dei cosiddetti virus oncolitici, in grado di uccidere le cellule tumorali in modo selettivo.

Negli studi preclinici condotti su macachi affetti da carcinoma epatocellulare, ottenuti con la tecnologia CRISPR, il virus NDV-GT ha mostrato un’efficacia superiore rispetto ai trattamenti convenzionali. A tre mesi dalla fine della terapia, i tumori erano completamente scomparsi e tutti gli animali trattati erano ancora in vita. Questo modello animale ha consentito ai ricercatori di simulare in modo accurato l’efficacia del trattamento nell’uomo, offrendo una solida base per il successivo passaggio alla sperimentazione clinica.

La fase clinica ha, successivamente, coinvolto 23 pazienti con tumori in stadio avanzato e refrattari ai farmaci, tra cui cancro alla cervice, al fegato, alle ovaie e ai polmoni. Le infusioni settimanali del virus, somministrate per un periodo di 8-12 settimane, hanno portato a una riduzione della massa tumorale o a una sua stabilizzazione in 18 dei 20 pazienti valutabili. In una donna di 58 anni con cancro alla cervice in stadio IV, dopo tre mesi di terapia si è osservata la riduzione o scomparsa delle lesioni ossee e dei linfonodi metastatici pelvici. Al momento della pubblicazione, la paziente era sopravvissuta per oltre 36 mesi, un tempo molto superiore alla media per questa patologia. Un’altra paziente, con lo stesso tipo di tumore, ha raggiunto la remissione completa. Altri sei pazienti hanno mostrato una remissione parziale, con una significativa riduzione del tumore.

Oltre alla sua efficacia, NDV-GT ha mostrato anche un buon profilo di sicurezza. Gli effetti collaterali sono stati minimi e non sono stati osservati eventi avversi gravi né la formazione di anticorpi neutralizzanti in grado di compromettere il trattamento. Il virus è rimasto rilevabile nel sangue dei pazienti fino al settimo giorno dopo l’infusione, segno della persistenza dell’attività terapeutica.

Questa strategia ha il potenziale di superare due delle principali limitazioni associate alla terapia con virus oncolitici: la somministrazione sistemica e la scarsa immunogenicità. L’inserimento dell’antigene suino permette, infatti, di attivare una risposta immunitaria estremamente potente e mirata, senza colpire i tessuti sani. Inoltre, la somministrazione per via endovenosa ne facilita l’impiego clinico rispetto ad approcci più localizzati o invasivi.

I risultati ottenuti finora hanno sicuramente attirato la curiosità della comunità scientifica e sembrano molto promettenti, ma è importante sottolineare che saranno necessari ulteriori studi per valutare l’efficacia del trattamento su larga scala e identificare i pazienti che potrebbero beneficiarne maggiormente. La speranza è che NDV-GT possa diventare una nuova opzione terapeutica per le forme tumorali più aggressive, offrendo una possibilità concreta anche ai pazienti che, ad oggi, hanno scarse possibilità di cura. Al momento, sono in corso le richieste per avviare le Fasi II e III della sperimentazione clinica su diversi tipi di tumore. Se i risultati preliminari verranno confermati, l’approccio “tumor-to-pork” potrebbe rappresentare un cambiamento di paradigma nella cura del cancro, sfruttando in modo innovativo le armi dell’immunologia per colpire le cellule tumorali.

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