Prof.ssa Bernardo (Milano): “Stiamo sviluppando un modello in parallelo per più malattie allo scopo di ottimizzare la produzione, ridurre i costi e rendere le terapie più accessibili”
Tre terapie avanzate per tre malattie rarissime, un unico progetto di lavoro. Ecco la strategia studiata dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano, guidati da Alessandro Aiuti, Vicedirettore Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), e Maria Ester Bernardo, Professore Associato di Pediatria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. È la stessa prof.ssa Bernardo a spiegare ai lettori di Osservatorio Terapie Avanzate come si svolge e che finalità ha il programma PLATFORM creato per istituire una piattaforma scientifica e regolatoria per lo sviluppo di terapie geniche per tre rare malattie: l’alfa-mannosidosi e le mucopolisaccaridosi di tipo 4A (MPS4A) e 4B (MPS4B). Una sfida radicale destinata a cambiare le regole di sviluppo di questi innovativi trattamenti, abbassandone i costi, riducendo i tempi di sviluppo e aumentando l’accessibilità ai pazienti.
Come ormai noto, a gravare più pesantemente sui tempi di sviluppo delle terapie avanzate sono lo sviluppo preclinico e il processo manifatturiero: le terapie avanzate sono infatti “farmaci vivi” - vale a dire basati su cellule e geni - altamente personalizzati, destinati a volte anche ad un unico paziente. Le procedure di raccolta delle cellule da destinare alla lavorazione e alla trasformazione in terapie avanzate sono delicate e non esenti da costi. Nello specifico, per quanto riguarda le terapie geniche uno dei punti critici è rappresentato dai vettori virali che servono a portare la copia del gene terapeutico dentro le cellule da infondere nel paziente. Il procedimento di produzione e i suoi costi sono dei nodi che limitano l’accesso dei pazienti alle terapie, pertanto i ricercatori, le imprese e gli esperti del mondo regolatorio devono pensare a soluzioni pratiche per sbrogliarlo (ne abbiamo parlato anche qui).
“L’idea alla base del programma PLATFORM è di sviluppare in parallelo un approccio innovativo di terapia genica per più malattie lisosomiali d’accumulo”, precisa la prof.ssa Bernardo. “Ciò sarà possibile sfruttando l’esperienza accumulata grazie allo studio di malattie con un analogo meccanismo patogenetico alla base e per le quali sono già state sviluppate terapie di questo genere”. In pratica, i ricercatori milanesi cercheranno di sfruttare l’enorme mole disponibile di dati preclinici e clinici prodotti in malattie simili nel recente passato per far nascere nuovi trattamenti avanzati accomunati da alcuni aspetti tecnici. “Abbiamo selezionato tre malattie molto simili sotto il profilo del meccanismo patogenetico”, prosegue Bernardo. “Il meccanismo di correzione (cross correzione con enzimi lisosomiali) è lo stesso come pure l’approccio terapeutico. Ciò ci consente di applicare a questa ricerca il concetto di piattaforma”.
Più nel dettaglio i ricercatori dell’SR-Tiget stanno progettando una terapia genica ex vivo che sfrutta le cellule staminali ematopoietiche prelevate al paziente e trasdotte mediante l’azione di un vettore lentivirale il quale ha una struttura identica a quella del virus modificato e già impiegato per la correzione delle cellule nella leucodistrofia metacromatica e nella mucopolisaccaridosi di tipo I (Hurler). “Si tratta di un vettore che già conosciamo e che sarà condiviso da tutte e tre le malattie selezionate per entrare a far parte del programma PLATFORM”, puntualizza la professoressa milanese. “Non solo, anche il promotore e gli altri elementi di regolazione sono uguali a quelli studiati in passato. A differire da una patologia all’altra è solamente il transgene inserito all’interno del vettore”. Tramite un’apposita procedura di mobilizzazione gli scienziati otterranno dai pazienti le cellule staminali ematopoietiche che, poi, saranno modificate e “corrette” in laboratorio (in condizione altamente controllate). Tale passaggio chiave sarà realizzato grazie ai vettori virali che, purificati e svuotati del loro contenuto tossico, saranno “caricati” con il gene terapeutico. Una volta fatto ciò le cellule potranno essere trapiantate al paziente dove, una volta avvenuto l’attecchimento, consentiranno la produzione dell’enzima mancante in quantità normale o, auspicabilmente, a livelli anche superiori alla norma.
“Un prodotto di questo genere necessita di un lungo percorso di sviluppo, prima preclinico, con studi sui modelli animali, saggi tossicologici, di biodistribuzione e proof of concept”, aggiunge Bernardo. “Ognuna di queste fasi richiede tempistiche prolungate e solo una volta che tutti gli stadi saranno completati sarà possibile preparare il dossier per la sottomissione dello studio clinico”. Con il programma PLATFORM gli scienziati ambiscono ad accorciare i tempi di sviluppo di una terapia genica, agendo in parallelo su tre diverse malattie. “Così facendo potremmo condurre in un unico momento e con una sola serie di esperimenti gli studi di tossicologia nel modello animale di malattia, riducendo la quantità di reagenti e usando controlli in comune”, riprende Bernardo. “Mantenendo un elevato standard qualitativo avremo un notevole risparmio sui costi di produzione, una contrazione dei tempi e, soprattutto, risultati concreti non per una ma per ben tre malattie”. La MPS4A è considerata la malattia “lead” (guida) per cui si prevede di ricavare un pacchetto completo di dati dagli studi preclinici mentre per quanto concerne le altre due, contando sul fatto che per la prima ci saranno già i dati completi, il processo dovrebbe essere più rapido e agevole.
Il condizionale rimane d’obbligo in questa fase in quanto occorre considerare che il fine ultimo di PLATFORM è progettare terapie efficaci per malattie rare ed ultra-rare per le quali lo sviluppo di una terapia genica avrebbe costi spropositati rispetto al trattamento di un esiguo numero di pazienti. “Purtroppo, nelle malattie rare e ultra-rare l’interesse commerciale delle case farmaceutiche a sviluppare terapie appare limitato”, commenta Bernardo. “Il ritorno economico è basso e le aziende sono frenate nella ricerca di nuovi trattamenti. Ma lo sviluppo in parallelo offre una chance in più ai pazienti, contenendo i costi di sviluppo. Abbiamo scelto tre malattie con un bisogno terapeutico molto elevato per le quali non esistono opportunità di cura o se sono disponibili hanno un’efficacia limitata. Se avremo successo, un giorno potremo mettere una cura efficace e sicura a disposizione di pazienti che ne hanno un elevato bisogno, migliorando la loro prognosi e innalzando la loro qualità di vita”.
PLATFORM è al momento uno studio preclinico ma il team di ricerca guidato dalla prof.ssa Bernardo sta già progettando e preparando lo studio clinico successivo, basato sui dati di tossicologia, biodistribuzione e proof of concept ottenuti. La partenza è prevista per la fine del 2026. “Tra circa un anno puntiamo a sottomettere alle autorità regolatorie il dossier per ottenere l’approvazione ad avviare il trial di Fase I/II secondo cui è previsto l’arruolamento in simultanea di pazienti affetti dalle tre malattie”, dichiara Bernardo, che aggiunge come la loro sia un’esperienza unica nel suo genere. “Solamente negli Stati Uniti è in corso un progetto simile, svolto in collaborazione con il National Institutes of Health (NIH) ma basato su terapie geniche in vivo, con somministrazione diretta del vettore nell’organismo del paziente”.
Questa esperienza potrebbe tornare vantaggiosa anche per altri prodotti rivolti a malattie più diffuse ma che grazie a questo stesso approccio potrebbero un domani vedere la luce. “Non c’è innovazione nel disegno del vettore o nello sviluppo preclinico, che si basa sull’esperienza acquisita con altre malattie”, conclude Bernardo. “Ad essere innovativa è la strategia regolatoria e di sviluppo. Non esistono oggi percorsi legislativi o regolatori già scritti per gli approcci PLATFORM ma è nostro compito dare agli enti regolatori tutti gli elementi necessari a far capire che manteniamo elevato il livello di qualità dei dati e preserviamo la sicurezza dei pazienti. Per fare ciò coltiviamo uno stretto dialogo con l’autorità regolatoria, lavorando di concerto per scrivere le regole di sviluppo di questi prodotti. Lo facciamo in maniera attenta e rigorosa e siamo certi che sarà un’esperienza utile nel futuro anche per altre malattie e per altri approcci”.
La dolorosa esperienza del COVID-19 ha insegnato che è possibile condurre diverse fasi cliniche in parallelo e dal (recente) passato si può solo imparare. Nessuno ha assorbito questa lezione meglio della Fondazione Telethon che si è assunta l’onere e l’onore di distribuire sul mercato alcune delle terapie geniche frutto della ricerca dei suoi clinici. Uno sforzo portato avanti a livelli diversi dai medici e da chi fa ricerca ma necessario per rendere accessibili al paziente tali rivoluzionari trattamenti e mantenerli in maniera sostenibile sul mercato.